La cronaca dei talenti: il futuro della musica di qualità è al Kabala

Feb 10, 2012

di Rossella Quitadamo

Talento. Quante volte ne abbiamo sentito parlare, specie in una materia come la musica? Ebbene ieri sera non se ne è parlato, lo abbiamo ascoltato, ammirati.

In un mondo di tronisti e soubrette dove una scempiaggine urlata vale di più di una grande verità sussurrata, dove ciò che conta è il risultato facile e immediato fa piacere constatare che esistano realtà dove i giovani possono coltivare il loro talento con passione e dedizione.

Ho letto che per la scienza occorrono 10.000 ore di esercizio per raggiungere un livello di padronanza tale da poter essere considerati esperti in una qualsiasi disciplina: è il tempo necessario al cervello per assimilare tutte le informazioni necessarie e consolidare le proprie abilità. Ma perché il seme del talento si sviluppi e cresca rigoglioso occorre anche un ambiente “fertile” e una guida sicura che sappia far emergere i tratti distintivi e la personalità di ciascuno.

Pescara una fucina di talenti come Chicago o New Orleans? Pare proprio di sì a giudicare quanti giovanissimi artisti della EMI si sono alternati ieri sera sul palco del Ponte Vecchio, con le loro chitarre soprattutto, ma anche con la loro voce.

Pochissime parole ieri sera, Giuseppe Continenza non è un artista molto loquace: a parlare è stata la sua chitarra, quella di Domingo Muzietti il flauto di Geoff Warren e le note degli altri bravissimi insegnanti della European Musicians Institute che hanno accompagnato sul palco i giovani esordienti.

“Ho suonato con alcuni studenti e posso garantirvi che ci sono poche scuole al mondo che riescono a dare una preparazione così completa e soprattutto cosi musicale…” – Joe Diorio (University of Southern California; G.I.T.) “…semplicemente il miglior posto in Europa. Ho insegnato in tantissime scuole ed università e posso garantirvi che l’E.M.I. è una delle migliori…” – Gene Bertoncini (University of New York, U.S.A.) “…una scuola in cui amo insegnare tanto da chiedere di entrare nel corpo docenti.” – Dominique Di Piazza (John Mc Laughlin, John Scofield, Michel Petrucciani)

Questo e ancora molto di più dicono di una scuola musicale, quella di Continenza, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, con un programma ed un metodo molto efficace, a giudicare dai risultati.

“Bisogna cercare di fornire agli studenti un approccio realistico, in modo da prepararli il più possibile a diventare dei musicisti professionisti e soprattutto bisogna insegnare loro ad avere uno stile personale.” afferma Giuseppe Continenza “Con i miei studenti cerco di lavorare sia sulla preparazione formale che su quella pratica insegnando come crearsi un repertorio personale, come comporre, come improvvisare … Studiamo, oltre al jazz, svariati altri generi quali il blues, country, il funky, la bossa nova, ecc., e soprattutto suoniamo molto insieme. La caratteristica di questa scuola, inoltre, è che raggiunto un certo livello gli studenti hanno la possibilità di suonare nelle Master Class con i musicisti migliori del mondo, dimostrando realmente la loro effettiva preparazione musicale e al tempo stesso superando paura ed emozione.”

E di emozione ce ne era tanta sul palco ieri sera. Tra tutti cito ad esempio Davide De Vito, un ragazzo di cui conosco personalmente l’impegno e la dedizione e di cui ho potuto constatare l’evoluzione nel corso degli anni, ma sono certa che insieme a lui sentiremo parlare ancora molto di tutti gli altri giovani talenti.

Daria Tanasenko, Aristide Di Fulvio, Remo Firmani, Pietro Affinito, Nik Di Giovanni, Davide De Vito Fabrizio Di Pretoro, Marcello Verticchio, Donatello Polidoro, Francesco Binetti, Marco Santucci, alla chitarra; al basso Massimo Giovannini ed Emanuele Zazzara; alla batteria Marco Malatesta e Giacomo Parone; tromba Francesco Paoloemilio, ed infine le voci di Donatella Paolantonio Alessia Verticchio, Giulia Clerico Remo Fimiani e Rosanna Capotosto

Questi i nomi degli artisti che si sono succeduti sul palco e non faccio distinzioni tra allievi e maestri perché è stata una serata di condivisione e di reciprocità senza etichette. Nel segno di un metodo didattico efficace che è quello di misurarsi con le proprie capacità, quelle altrui e il giudizio del pubblico.

Tre ore di buon jazz che sono volate ieri sera, un’esperienza collettiva in cui si sono intrecciati lo studio e lo spirito conviviale, la disponibilità, l’emulazione e l’amicizia, l’organizzazione e la spontaneità, la saggezza dei maestri e l’entusiasmo degli studenti. Ai primi rimane la soddisfazione aver visto il risultato del loro amorevole lavoro, ai secondi una esperienza significativa in attesa di riflettori più importanti. A noi la certezza che c’è linfa vitale per alimentare il futuro della musica di qualità.

 

 

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