15 domande terra terra che nessun vero giornalista farebbe mai a MARCO BELISARIO

Feb 28, 2014

Ovvero riuscire a dimostrare personalità e carattere rispondendo a domande di una banalità disarmante

di Rossella Quitadamo

foto S.Morrica
Una valigetta nera delle dimensioni di un piccolo baule aperta sul palco, la mano di Marco Belisario che vi affondava come in un cilindro da prestigiatore e ne traeva fuori ogni volta uno strumento insolito, per ognuno una canzone, o meglio un racconto dolceamaro in musica. Una campana, uno scacciapensieri, una cabasa, un guiro, hanno dato cadenza e metrica a poesie senza rima come a volte è la vita quotidiana. Gli Uscita Nord hanno messo davanti agli spettatori Caffè Letterario uno specchio capace di andare oltre l’apparenza ed il sussiego, uno specchio capace di riflettere tic, idiosincrasie e velleità in cui ognuno di noi può riconoscersi: il calciatore non più sulla cresta dell’onda che rincorre una giovinezza perduta, l’amante del cinema colto che non vede l’ora di tornare a guardare la tv sul divano di casa, l’imprenditore che ha tutte le note dentro di sé ma davanti ai suoi occhi ha solo le …note contabili. Non c’è condanna, né disperazione piuttosto uno sguardo bonario, divertito a volte: la materia di cui è fatto lo specchio è una sottile ironia che invita a non prendersi troppo sul serio, una esortazione a non aspettare a cogliere l’attimo, a vivere la vita con saggia leggerezza e un pizzico di  ottimismo. Perché in fondo ciò che conta veramente sono quei sentimenti semplici, ingenui pur nella loro efficacia proprio come gli strumenti del baule di Marco Belisario.

Imprenditore tessile e cantautore, elegantissimo e intrigante con il suo immancabile cappello: Marco Belisario, non poteva essere che lui questa volta la vittima della mia curiosità

 

Sei ottimista o pessimista?

Marco: Da imprenditore dovrei dirti ottimista, guai se non lo fossi! Ho ripreso il carattere di mia madre, una pessimista che con il passare del tempo è diventata ottimista

 Chi sei veramente: il Dr. Jekyll imprenditore o Mr. Hyde autore?

Marco: sostanzialmente mi sento di essere tutti e due. In molti mi chiedono come faccio; io riesco a trovare il tempo per fare entrambe le cose: di giorno faccio l’imprenditore e di notte il musicista, scrivo canzoni, trovo ispirazione. Anche se idee e spunti possono venirmi in qualunque momento della giornata.

A cosa dedichi più tempo nella tua giornata (tuo malgrado)?

Marco: Per “campare” faccio il manager, occupando anche delle cariche istituzionali che mi portano a dovermi interessare di tematiche importanti che vanno affrontate con la giusta determinazione, e dunque… Io avrei voluto fare il musicista poi la vita mi ha costretto a fare una scelta. Però non sono pentito perché oggi faccio comunque musica: anzi, sono nella condizione di godermi solo il lato migliore dell’attività artistica e lo faccio insieme a musicisti professionisti di alto livello! Da imprenditore devo dire che mi dispiace che la cultura, la musica e l’arte vengano viste solo come gradevole contorno: potrebbero essere invece il fulcro attorno a cui far ruotare lo sviluppo e la creazione di una nuova economia.

Ed invece cosa vorresti fare?

Marco: niente di diverso da ciò che faccio. Credo nel mio lavoro e nei miei collaboratori e vorrei creare le condizioni per un futuro migliore sia per me che per loro. Lo stesso desiderio è per l’attività musicale e gli amici che fanno parte con me di questa avventura: con loro ho condiviso e condivido tanto e da moltissimo tempo, li considero come fratelli.

Una cosa che non farai mai nella tua vita

Marco: uso una parola forte: rubare, in ogni senso, non lo farei mai

Il titolo del vostro ultimo album è “Non aspettare”. Cosa non bisogna aspettare?

Marco: le occasioni della vita, le devi afferrare quando arrivano perché se le lasci andare poi non si ripresentano più

Di che stoffa sei fatto?

Marco: 100 % cotone!

Di un progetto preferisci l’inizio o la sua (felice) conclusione?

Marco: Mi piace tutto, l’inizio che ti dà la spinta e l’entusiasmo, la sua realizzazione che magari ti porta a cambiare l’idea originaria e ovviamente il risultato finale. Anche se, per come sono fatto io che non mi accontento ed ho sempre nuove idee, la conclusione non arriva mai

La musica è un mezzo o un fine?

Marco: E’ un mezzo per vivere meglio!

Cosa hanno in comune una tua camicia ed una tua canzone?

Marco: L’arte. L’Abruzzo vanta una grande tradizione a livello sartoriale, noi abruzzesi facciamo un prodotto di altissima qualità e da tempo mi batto perché questo nostro merito venga riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Spero che l’Italia continui ad essere considerata nel mondo come la patria del bello, della qualità, del ben fatto. Lo stesso discorso vale per l’arte e la cultura: a volte a livello locale si creano campanilismi ed egoismi che impediscono di far conoscere al di fuori dei confini regionali tutto il talento che ci contraddistingue.

Come nasce una tua canzone?

Marco: Beh non è una camicia che ha un iter creativo prestabilito. Può nascere all’improvviso a partire dalla musica, un riff o una frase musicale che mi viene in mente o viceversa l’ispirazione può cominciare dal testo. Ne parlo con Marcello (Malatesta) e sviluppiamo insieme l’idea

Le tue canzoni sono “tagliate addosso” a qualcuno?

Marco: non le mie, le “nostre”, mie e di Marcello. No, generalmente nascono dall’osservazione di ciò che ci circonda, solo alle volte possono essere in un certo senso autobiografiche

Vesti una persona con la tua musica e descrivimi il suo abbigliamento

Marco: sicuramente indossa un cappello, uno come il mio, una bella camicia 100% cotone egiziano… ma non ha un abbigliamento formale, molto free… magari una giacca leggera, leggera come devono essere le idee

Come andrà a finire?

Marco: Comunque vada andrà a finire bene

Cosa speri che riporterà a casa il pubblico del Kabala questa sera?

Marco: Una emozione positiva, una visione diversa più ottimistica della vita

 

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